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Quando mi metto a criticare il mio allegro paesotto, il vecchiume intrinseco alla mentalità veneta e la visione antiquata della donna, ai più potrebbe sembrare che esagero. Magari si potrebbe pensare che calco un po' la mano e romanzo un po'. Ecco, vi assicuro che no. In ogni caso penso che chiunque abiti nelle periferie o all'interno di determinate realtà di origine rurale, possa garantire per me: determinati ambienti italici sono decisamente retrò. Oggi ve ne darò un'ulteriore dimostrazione parlandovi di un'usanza barbarica alla quale la giuovine donzella in età da marito deve sottostare: la costituzione della dote.

Come saprete, nei tempi andati, la maggiore preoccupazione di un padre di famiglia con figlie a carico, era quella di essere in grado di sostenere finanziariamente il matrimonio della propria prole. Una donna, non rappresentando forza-lavoro e non contribuendo al sostentamento economico della famiglia, al momento delle nozze doveva quantomeno provvedere a portare con sè il materiale necessario alla cura della casa e una discreta somma di denaro accordatale dal padre. Inutile sottolineare che, in epoca di matrimoni combinati, i verdoni che un padre era disposto a lasciare in dote alla figlia potevano rappresentare il fattore decisivo che faceva propendere un uomo al matrimonio e che determinava l'effettivo "appeal" di quella donna. Naturalmente ne risultava anche che quest'ultima poteva sperare di sposarsi o meno in base al suo "potere d'acquisto".

Ad oggi le cose sono, chiaramente, cambiate, ma questa storia della dote, dalle mie parti, porta ancora con sè un paio di strascichi. Il primo è un detto popolare: "Te poi sposarte sensa dota"( ossia "puoi sposarti senza dote", espressione che gli anziani rivolgono alle ragazze particolarmente gradevoli all'aspetto per render loro partecipi del fatto che, grazie alla loro avvenenza, potrebbero sposarsi anche senza avere una dote). Il secondo strascico è che sì, ancora ad oggi diverse famiglie (o meglio, madri) si preoccupano di fornire una dote alle figlie. Grazie a Dio è stato dimenticato l'aspetto monetario della cosa, ma ancora resiste la consuetudine di ammucchiare biancheria, pentolame e ciarpame vario per la casa futura della figliuola. Capiamoci: se si trattasse di ragazze in vista di matrimonio che vengono aiutate dai parenti a raccogliere materiale utile per la nuova famiglia, non starei qui a contestare o a fare dell'ironia (soprattutto in un periodo come questo dove il piatto piagne); il problema è che, a tutt'oggi, questa attività di collezionismo di materiale domestico viene fatta partire con decenni d'anticipo, nel momento nel quale queste donzelle non hanno prospettive matrimoniali, nè tantomeno l'ombra di un fidanzato. La cosa meravigliosa, inoltre, è che , una volta che la ragazza raggiunge i diciotto anni e quindi la sospirata (?) "età da marito", compaiono miracolosamente alla sua porta stuoli di cesaricadeo e giorgimastrota pronti ad offrire le loro forniture di pentolame ed occuparsi del loro non-imminente matrimonio.
Vi garantisco che ho dovuto cacciare personalmente impavidi venditori porta a porta che volevano fare di me una giuovine donna maritata, felice della sua batteria di pentole in acciaio inox 18 10. Sono altrettanto consapevole di madri che hanno invece voluto provvedere alla felicità (?) delle loro figliuole comprando suddetto pentolame quando queste avevano ancora i denti da latte ( una conoscente si è comprata il servizio circa 6 anni fa e, a quanto mi risulta, ad oggi abita ancora con i suoi; immagino come il suo servizio si starà sentendo utile lassù in soffitta, a prendere polvere).
Quello che quindi mi chiedo è PERCHE'? Perchè prendere con decenni di anticipo cose che, quando utilizzerai, saranno tristemente obsolete?

Vi prego, fatemi sapere se anche da voi persistono queste usanze tribali, perchè quando l'ho raccontato alle mie amighe non vicentine, non ci potevano credere e mi hanno perculato assaje.
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A questo mondo, sarebbe meglio non aver bisogno di nessuno. Mai! Se così fosse meglio morire subito, come dice sempre mia nonna nei suoi momenti di gaudio esistenziale.
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Ho sempre odiato i detti che mettono in campo e sminuiscono l'agricoltura e il mondo contadino. Avete presente, no? "Braccia rubate all'agricoltura"? "Ma vai a zappare l'orto"? Di solito si utilizzano queste frasi fatte per offendere o mettere al loro posto persone arroganti e ritenute incapaci di svolgere il proprio lavoro.Quelle che, per capirsi, ti fanno fare gli straordinari ad oltranza per poter mettere apposto i loro casini e che, per questo, soffocheresti volentieri nel sonno. Solitamente le si invita pacatamente a dedicarsi a questo ambito del settore primario, poichè, nel pieno rispetto delle leggi della meritocrazia, è considerato l'unico alla loro portata.

Mio nonno era un uomo della terra e se c'è una cosa che mi ha insegnato è che pacco sia coltivarla. La giornata del contadino è faticosa e il suo è un lavoro che non conosce nè turni, nè festivi, nè ferialità, che dipende totalmente dai capricci del tempo e che spesso, a dispetto della fatica, è pagato con i bruscolini.

A determinati individui senz'altro farebbe bene una vita come questa, se non altro a livello educativo. Il problema è che si tratta di roba tosta, e se questi sono degli inetti... Propongo quindi di impiegarli nella spidocchiatura animali o alla spiluccatura capi di abbigliamento. Come lavoro non dovrebbe essere poi così complicato...
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Già in questo post vi parlai della signora Laquidara e della sua ultima fatica artistica, una sorta di concept album sulla figura mitologica dell'anguana. Oggi mi trovo a riparlarne volentieri per testimoniarvi la resa live di questo disco meravijoso.



Patrizia The Voice Laquidara
, Canto o non Canto dell'Anguana, è una che vale la pena di andare a sentire senza alcuna ombra di dubbio. In tre parole: competente, talentuosa, raffinata. Una di quelle perle rare di talento, tecnica e poesia del panorama musicale italiano, qualsiasi sia il "genere" nel quale decide di muoversi e sperimentare. Con questo lavoro ha scelto di addentrarsi nel nell'ambito del folk veneto, anche se, quando si parla di musica, i confini di genere sono ovviamente sempre poco definiti e definibili.

La parola d'ordine per questo live è stata suggestione. Gli arrangiamenti, la voce sublime e un sapiente uso degli echi hanno reso a pieno il senso del magico e l'impressione di trovarsi in balia dell'incantesimo di una di queste maliarde fate dell'acqua. Atmosfere fatate, incantate e oserei dire quasi ipnotiche, tanto da affascinare il pubblico che si è concesso di applaudire solamente quando assolutamente certo l'ultima nota del brano fosse stata suonata.
Non sono comunque mancati degli ingredienti d'ironia, dai racconti di collaborazioni artistiche nate a seguito di scontri automobilistici, al fatto di averle visto dare vita ad una delle esibizioni live con il maggior numero di attrezzi di carpenteria sfruttati per il loro potenziale sonoro (mai suonato un segaccio con l'archetto?)

Esibizione eccellente e album che, nonostante vada a pescare in ambiti folk e tradizionali, è assolutamente fruibile e moderno anche grazie all'impiego di campionamenti e la presenza di una parte di elettronica.

Che dire, se passa dalle vostre parti, alzate i culi e andatela a sentire.




[Se volete saperne un po' sulla figura dell'Anguana, prestate attenzione all'inizio del video]
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Già vi ho reso partecipi, in precedenti post, di alcune fantastiche storie, credenze, paturnie e scorci di vita veneta e posso presumere che, leggendo, vi sia scappato mezzo sorriso e vi siate potuti creare una certa impressione sul grado di apertura mentale  che vige nel mio paesello dell'alto vicentino.
Beh, paesello. E' anche una bella cittadina popolosa, industrializzata, multiculturale (tanti extracomunitari), tuttavia presenta le tipiche caratteristiche della mentalità del nord-est, ossia un attaccamento viscerale al passato e la cocciutaggine con la quale si portano avanti determinate convinzioni, comportamenti e fissazioni, spacciate per "rispetto delle tradizioni" (le tradizioni so' altre , signori).

Se vi trovate a scambiare una parola con le anziane del loco ( polite way per definire quelle vecchie baldracche paesane inacidite), di sicuro elle non perderanno l'occasione per rimarcare quanto le giovini d'oggi siano delle "poco di buono che vanno in giro nude e non sanno fare manco da magnà"(cit.) e vi diranno che il mondo è perduto perchè la donna non è più quell'essere sublime, benevolo, pacifico, materno, accogliente e sempre votato al perdono. Ovviamente è sottointeso che loro erano e sono così (...) L'angelo del focolare. La donna angelicata.

Naturalmente ho sempre creduto tantissimo a questa loro trascendentale perfezione, tanto che ho proprio davanti agli occhi questa immagine di loro che correvano dietro ai mariti munite di mestolo o mattarello, branditi come armi di distruzione di massa.
Quando poi, sfogliando un testo di tradizioni popolari locali, mi son trovata dinnanzi alla seguente produzione tramandata oralmente, non ho potuto che cementare le mie convinzioni. Sentite qua che eleganza, rispetto et ammore universale:

Invocazione di malaugurio della ragazza offesa e risentita contro l'amante:

Caro amante desiderato
desidererei vederti molto ammalato
e nella tua malattia entrate
tante cose desiderate:
che te vegnésse el tifo, el tanfo,
[trad."che ti venisse il tifo, il tanfo]
la rògna, el sgranfo [la rogna, i crampi]
e la petéce for da le réce [e l'otite alle orecchie]
e le maruèle, che quando [e le emorroidi, che quando]
te vèrsi el buso te vedi le stéle. [apri il buco der cù vedi la costellazione di Orione]

[Ragazze prendete nota che questa ci torna utile sicuro].

Fonte: "Civiltà popolare della Valle dell'Agno", 1990.
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Dalle mie parti si dice che ogni volta che il cuculo ripete il suo verso, ti allunga la vita di un anno. 

Ce n'è uno nel boschetto dietro casa mia che "cuculeggia" ininterrottamente da una settimana.
Vivrò tipo in eterno? 
Hope not.
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Dovete sapere che sin dall'infanzia il veneto medio convive con un perenne senso di inadeguatezza e con un forte complesso di inferiorità  nei confronti delle "vecchie generazioni". E, badate bene, non è che tutto ciò sia casuale o frutto di un'involontaria pressione esercitata dalla vecchia guardia sulla nuova. Se c'è una colpa di cui i nostri infallibili predecessori si macchiano è il consapevole sadismo che molto spesso permea il loro giudizio, anzi dissenso nei confronti di noi ggiovani. Ed è una sorta di catena di Sant'Antonio, un'insana consuetudine che si perpetua di generazione in generazione tramite la quale la frustrazione del pinco palla di turno, mai stato all'altezza delle aspettative dei propri genitori, si riversa sul figlio che a sua volta farà ricadere, triplicata, sulla sua prole. Decennio dopo decennio il fardello si fa sempre più pesante, con una generazione odierna che si trova sulle spalle il peso di nonni e bisnonni che "loro sì sanno cos'è la guerra e cosa vuol dire soffrire la fame" e genitori che sbandierano le loro lotte sociali fatte di rivolte studentesche e scioperi degli operai.

Questa "rivalità generazionale" è una cosa che credo esista dalla notte dei tempi e un po' in ogni dove, ma sono altrettanto convinta che nella realtà veneta, un tempo contadina, raggiunga il suo apice massimo. Se venite da questa regione e non siete più proprio di primissimo pelo, avrete anche voi senz'altro sentito, almeno una volta nella vita, l'irrefrenabile esigenza di svilire la prole ed affermare la vostra supremazia con LA frase chiave. Sì, quella. "Mi ala to età saltavo i fossi par longo"( i "fossi" sono quei "canali" d'acqua che scorrono ai fianchi di alcune strade ndr).

Il "saltatore di fossi" è questo esemplare di superuomo dannunziano dalle mille risorse incarnato dal veneto-tipo, talmente ligio al dovere, bravo in ogni cosa e dalle energie inesauribili, da essere in grado di saltare da un'estremità all'altra di un fosso, altro che da una sponda all'altra. Questo Andrew Howe de noantri veneti è una figura mitologica entrata nell'immaginario collettivo e temo ormai popoli anche gli incubi degli infanti, incutendo terrore al pari dell'uomo nero.

Supereroi a parte, non è di certo raro per un giovane veneto sentirsi fare determinati tipi di discorsi. Ancora oggi mi giunge novella di ragazzi "bullizzati" da simpatici vecchietti che vanno loro a dire che "altro che scuola, io alla tua età stavo nei campi a lavorare", "non ci sono più i giovani di una volta" o "noi sì che davamo valore alle cose". Non sto di certo qui a smentire che quella corrente sia una gioventù chiaramente viziata e disorientata e che questa sia una società votata sempre di più al consumismo e al dio danaro, però non accetto neanche mi venga detto che una volta era tutto diverso e che le persone erano tanto migliori. Veramente, che non mi vengano a raccontare la storiella che una volta certe cose non succedevano e che la gente di campagna sapeva quali erano i "veri valori" perchè teneva bene alla mente qual era la regola d'oro ossia "la vera ricchezza viene dalla terra". Purtroppo potrei citare anche dei contadini tra l'elenco delle persone che, durante il regime, denunciarono ai fascisti la presenza di famiglie ebree nascoste nelle campagne in cambio di moneta sonante. O che abusavano delle donne tra le mura domestiche. Bella gente, vero?

A rischio di cadere nei soliti discorsi da osteria, mi sento di dire con tranquillità che la feccia c'è ora come c'era anche ai tempi.

Noi, tanto disprezzati giovani d'oggi, non siamo solo figli dei tempi che corrono. Siamo anche figli vostri, e dei vostri "preziosi" insegnamenti. Un esamino di coscienza da parte vostra sarebbe cosa buona e giusta.

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