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A partire da oggi questo journal diventa Friends Only. Per chi volesse continuare a seguire le mie divagazioni e avventure di dominio pubblico su Italia, nuovi mondi, culture e modus vivendi, presto online approderà il mio nuovo sito. Controllate il mio twitter per aggiornamenti ;)
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Carissime e carissimi,

rieccoci pronti a riprendere la nostra passeggiata vicentina. L'altra volta vi ho ignobilmente abbandonato sul Monte Berico: da qui vi riprendo per poterci avviare verso il promesso centro città.

Vicenza dall'alto
Dalla balconata di Piazzale della Vittoria guardiamo la nostra meta.
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Già da tempo frullava nella mia rizzuta testolina l'idea di dedicare qualche riga ai luoghi natii ed ecco che finalmente mi sono decisa a farlo.
Scrivere di casa propria in un journal personale trovo abbia una logica dato che, fondamentalmente, un individuo, oltre che delle proprie esperienze, è anche risultato delle proprie origini. Andrò ad utilizzare tre post perchè il tessuto urbano e culturale di un territorio è cosa assai complicata da articolare: dapprima guarderemo il mio territorio da lontano, da un particolare punto di osservazione, e man mano ci avvicineremo fino ad arrivare nei pressi di casetta mia.
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Non so che tipo di rapporto abbiate voi con il passato con la P maiuscola. La città dalla quale provenite è intrisa di storia? Ci sono ponti romani, vestigia, rovine medievali a ricordarvi che il passato è parte attiva del presente?

La frazione dalla quale provengo, in confronto a numerose altre italiche realtà, è una giovincella. E’ riportata alle cronache per un recente ed atroce fatto che si è consumato nel 1944: un eccidio nazista che ha tolto la vita a numerosi civili e partigiani. Il 9 settembre di ogni anno, a memoria dei caduti, si è puntualmente ricordato il triste avvenimento riunendo sopravvissuti, famigliari, autorità civili e religiose, la comunità tutta. Quest’anno se ne celebrava il settantesimo anniversario.

Nella mia ingenuità di ragazzina, negli anni della mia adolescenza, ho sempre partecipato a questa adunata con un sentimento che adesso chiamo di vuoto orgoglio: tutto quello sventolare di bandiere, gonfaloni e tricolori non nego esercitasse un certo fascino su di me, discendente di un martire “della Patria”. Non mi rendevo conto che non è l’autorità ad essere portatrice della memoria, ma la comunità stessa. E’ in un soffio, con il passare del tempo, che i sopravvissuti vengono meno, così come la volontà di tenere viva la memoria.

Proprio quest’anno, in concomitanza con questo importante anniversario, ho per la prima volta visto panche interamente vuote durante la cerimonia commemorativa. Durante le ultime elezioni enormi pannelli destinati all’affissione dei manifesti elettorali, nascondevano il monumento in memoria ai caduti, per poi, tra l’altro, rimanere irrimediabilmente vuoti. Segni palesi, non di una volontà di dimenticare, ma proprio di fregarsene, che è anche peggio se volete una mia opinione. Una volta morta l’ultima staffetta partigiana, l’ultimo testimone di quel funesto giorno, temo ne resterà traccia solo nei libri di storia locale. Che solo qualche curioso leggerà.



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« Come vivere? Allora questa domanda ce la dobbiamo porre non soltanto alla fine di un millennio, di un secolo, di un anno, ma tutti i giorni, e tutti i giorni svegliandoci, si dovrebbe dire: oggi che cosa ci aspetta? Allora io considero che si dovrebbero fare le cose bene, perché non c’è maggiore soddisfazione di un lavoro ben fatto. »

Mario Rigoni Stern


Felice anno nuovo.
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I giorni di ferie, in compagnia della prode [livejournal.com profile] isha00, quest'anno si è deciso di farli ruotare, in vario modo, attorno al tema "montagna".

La montagna, ad esclusione degli appassionati che ne fanno spesso una vera e propria filosofia di vita, viene talvolta guardata con sufficienza o addirittura con un'ombra di derisione, in quanto si tende a collegare l'immagine delle alte quote con quella del montanaro ignorante che veste pelli di capra. Per non parlare poi del nonno burbero di Heidi e le caprette che fanno ciao. Un festival di tristi clichè che tralasciano il fatto che, spesse volte, si riscontra più saggezza ed intelligenza in persone che vivono a contatto con la natura in queste zone impervie, che in genti che hanno basato la propria esperienza di vita esclusivamente sui libri. Gli ostacoli aguzzano l'ingegno, come si suol dire. Senso pratico e umiltà sono altri due tratti che ho spesso riscontrato in questa gente. Chi sta in montagna e vive di agricoltura e allevamento è fatalista e raramente cade nella trappola del sentirsi onnipotente, come invece è accaduto, prima della recente crisi, a numerose genti inurbate. La gente che sta in montagna vive in balia degli eventi naturali tutti i giorni di tutto l'anno. Sa che basta una grandinata, l'eccessiva pioggia o qualche tempo di siccità per perdere il raccolto e mettere in ginocchio la propria attività. Sa che è nelle mani di una forza maggiore, la si voglia essa chiamare con il nome di Iddio o di Madre Natura. Naturalmente v'è anche il rovescio della medaglia, una certa chiusura mentale ed un fiero compiacimento nello stare chiusi nella propria piccola realtà, tuttavia vale la pena frequentare questi luoghi e questa gente per cogliere ciò che di positivo hanno da insegnare.

Questo agosto ho dedicato una settimana all'Alto Adige e, grazie all'escursionismo, ho avuto modo di apprezzare, oltre all'aspetto etnologico, anche le particolarità naturali della montagna.

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Alba

Jul. 25th, 2013 07:50 am
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Alba e nebbia

Citazione tratta da:

Walter Bonatti, 2008. I Miei Ricordi. Scalate al Limite del Possibile. Milano, Baldini Castoldi Dalai Editore. (p. 225)
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Ciò che è bello non è ciò che piace dato che, a tutt'oggi, si sta ancora qui a parlare di canoni estetici. Il concetto di bellezza, che qualcuno definisce come una certa regolarità e simmetria nei tratti, non sta in piedi in quanto, nella pratica, la bellezza è relativa al tempo. E' assolutamente temporanea, sì. Temporanea sia nel senso di fugace, che di relativa all'epoca nella quale si vive.

Questo concetto trovo sia stato concretamente e indiscutibilmente dimostrato da uno dei più criticati progetti di Nazareno Crea che, come potete vedere qui, ha preso alcune delle più famose muse della storia dell'arte e le ha "adattate" ai canoni odierni, gonfiando labbra, scolpendo zigomi e sottoponendo cosce a trattamenti a base di alghe del Mar Morto. Il fine non è quello di stabilire quali siano i canoni "migliori", ma di dimostrare questa tesi di relatività. E mentre i cultori dell'arte si indignano per lo sfregio arrecato alle opere  e si accapigliano tra loro per capire se photoshop può essere considerato o meno una tecnica artistica, Crea ha colto nel segno e dimostrato la sua tesi, lasciando libero il pubblico di arrivare a delle conclusioni. Ognuno tragga le proprie. 
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San Patrizio scaccia i serpenti

Oggi dovevo congiungermi ai miei simili in centro per festeggiare la poco autoctona festa di San Patrizio, ma dapprima è sovvenuto il GELO e poi s'è messo a nevicare che manco per l'arrivo del bambinello.
Avvolta quindi da 15 metri di piumino, ed armata di un tazzone di tè e blocco da disegno, ho dedicato un'oretta del mio pomeriggio ad effigiare il prode Patrizio nell'atto di scacciare i serpenti dall'Irlanda ( eh, lo so, grandissimo talento artistico...brrr).

Per chi non fosse pratico di credenze e cultura irlandese, l'amico Patry, secondo la tradizione, cristianizzò le popolazioni celtiche ivi presenti spiegando il mistero della Trinità tramite un trifoglio (da lì l'utilizzo del trifoglio come simbolo del paese) e scacciò tutti i serpenti dall'isola. Pare che ad oggi, effettivamente, tali creature continuino a latitare, e se parlate con gli indigeni, constaterete che vanno molto fieri di sta cosa, è proprio un motivo di vanto.
Per quanto le bisce mi facciano schifo, sinceramente fossi in loro non mi bullerei troppo perchè, come stabilito da Madre Natura, - bisce + topi. Di pantegane grosse come in Irlanda, infatti, non è ho mai viste (verrà da lì il detto "vedere i sorci verdi"?)
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La fortuna è dalla mia con questo journal, non c'è che dire. Nel momento esatto in cui ero prontissima a ripartire con i post, ecco che LiveJournal non mi faceva più loggare. E nel momento in cui avevo riacquisito l'agognato l'accesso, ecco piombare VALANGHE di spam e problemi tecnici a non finire. Non parliamo poi della caterba di pubblicità altamente invadente che la piattaforma ha piazzato a mia insaputa (cit.) sul journal e della quale mi scuso profondamente. Detto ciò, continuerò momentaneamente a scrivere qui, provvedendo però, appena possibile, al trasferimento coatto dell'intero bagaglio livejournaliano su piattaforma altra. Naturalmente informerò quando suddetta manovra verrà messa in atto.

Sviscerate le lagnanze tecniche, concludo questo tristissimo primo post del 2013 rendendovi partecipi della lodevole nonchè commovente iniziativa portata avanti dal nobile progetto no profit denominato "Coinquilino di Merda".
Quella del coinquilinaggio è una condizione sociale nella quale riversa (è il caso di dirlo) il 98% degli studenti e dei lavoratori fuori sede. Il condividere appartamenti, antri, sottoscala, cantine, tuguri con individui pressocchè sconosciuti, porta a venire a contatto con genti di ogni genere, la cui stabilità mentale, il grosso delle volte, dà seriamente da pensare. Dopo anni di coinquilinaggio sia in Italia che all'estero, e di affascinanti reportage da parte di amici, pensavo di aver visto e sentito tutto nella vita. Ciò prima di consultare codesto blog. Leggetelo, preferizzatelo e diffondete il verbo. E contribuite con vostre testimonianze che so che tra di voi c'è chi ne ha un sacco da raccontare.
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Esco da un lustro che è stato fatto di ben poco, se non di malattie e lutti. Il male del secolo, che si sta portando via man mano tutta la mia famiglia, in questo paesello del nord-est sembra non voler guardare in faccia a nessuno: viene a trovare un po' tutti, anziani, giovani, bambini, con un'incidenza spaventosa, tanto che chi in famiglia non ha avuto almeno un caso di tumore può ritenersi un vero e proprio miracolato.

Questa volta è tornato a farci visita sotto il nome di mieloma, una delle poche 'varianti' che non avevamo ancora conosciuto. Come succede sistematicamente, è venuto a portarsi via chi potenzialmente aveva ancora da vivere, e chi più meritava di poter godere di anni felici ed in salute. I migliori sono sempre quelli ad andarsene, come si suol dire.

La cosa orrenda di tutto ciò è che l'esperienza mi porta ormai a prevedere un tragico epilogo ancor prima che un medico emetta una  diagnosi. Anche questa volta, al comparire di sintomi ormai conosciuti, nella mia testa sono comparsi scenari inquietanti. Al momento poi del famoso 'ricovero per accertamenti', la sentenza di morte era come già scritta. Poi, certo, dicono che la speranza è l'ultima a morire.

Non so, sinceramente, se dovrei nutrire speranza anche quando non ce n'è. Non so se dinnanzi a condoglianze da parte di persone che hanno passato la vita a farti la guerra, dovrei reagire come fanno tutti, ossia accettarle facendo finta di niente, sperando che un giorno si ravvedano sinceramente. Non so se valga la pena sperare in tempi migliori semplicemente perchè domani è un altro giorno. Ora come ora alla parola speranza associo il sinonimo illusione.
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Una certa disistima per il genere umano suppongo si sia evinta dai miei scritti, tuttavia debbo aggiungere che credo esistano determinate categorie che, più di altre, racchiudono casi umani meritevoli di essere esaminati nello specifico. Ovviamente ne parlerò in termini generali e sulla base di esperienze personali, non si vuole di certo sottointendere che tutti gli individui appartenenti a suddette categorie siano soggetti infimi [modalità paracula on].

Una delle categorie umane/professionali più avvezza ad ospitare individui poco gradevoli, sorry, è quella delle COMMESSE. Per la sottoscritta, creatura naif cresciuta nel fantastico mondo delle fiabe, la commessa, più che mera elargitrice di scontrini fiscali, era una figura amichevole, servizievole, gentile, pronta ad accogliere la clientela, all'ingresso del negozio, col sorriso sulle labbra. Attualmente mi sono resa conto che ella non corrisponde più a questo modello, retrò forse, di consigliatrice ed aiutante competente e che mette completamente a proprio agio, quanto più a creature in perenne sindrome pre-mestruale, a cui sembra dare fastidio il semplice fatto che tu metta piede all'interno del negozio.

Il modello corrente di commesse, che un tempo dovevano ubbidire alla non sempre simpatica legge de "il cliente ha sempre ragione", riflette uno scazzo perenne ed insofferenza esistenziale che si traduce in sguardi truci o di superiorità, ancor prima che tu apra bocca. Vi è poi questa particolare tendenza che vede i proprietari dei negozi assumere delle squinzie con lo stacco coscia campbelliano, più che personale affabile e minimamente qualificato. Un grado di competenza minimo viene sacrificato a favore di un'irrincunciabile "bella presenza". E' poi così che ci si ritrova con commesse lavoranti presso profumerie che ti consigliano fondotinta di 15 tonalità più scure rispetto alla tua carnagione (per un fantastico effetto mascherone) e personale di negozi di abbigliamento che ti propina cose "di moda" piuttosto che capi che sappiano valorizzare la tua fisicità (non prima di averti squadrato con disprezzo e averti fatto sentire a disagio per la tua 44).

Sinceramente non capisco. Per il bene degli affari non si dovrebbe far di tutto per sfoggiare la propria abilità di venditore, adulare il cliente e seguirlo nel più efficace dei modi?

Per concludere vi lascio con qualche esempio di abilità mercanteggiante a cui ho assistito in prima persona (tutto rigorosamente truestory, come sempre):
  • Negozio di accessori. Commessa che tenta di rifilarmi inutile pochettina, screditando la normalissima (giuro) borsa da giorno che avevo con me: "Ma dove te ne vai in giro con quella ventiquattrore ahahah" (...);
  • Negozio di abbigliamento maschile. Fratello ventenne alla ricerca di un abito da cerimonia. Commessa:"E' meglio che te ne vai, non abbiamo niente per te. Ci è rimasta tutta roba da vecchio" (saranno felici i soggetti dai trent'anni in sù, quei maledetti vecchiacci);
  • Negozio di abbigliamento femminile. Commessa troppo curiosa indaga sui miei dati anagrafici:"Hai detto che hai vent'anni?Sinceramente te ne avrei dati dodici" (...dubito fortemente fosse un complimento);
  • Negozio di erboristeria. Commessa:"Sai che ci siamo incontrate al supermarket lo scorso finesettimana, no?Non ho potuto fare a meno di guardare nel tuo carrello e ho visto che avevi della nutella. Sinceramente...vergognati, eh" (??!!)
Fidelizziamo la clientela screditandola?Mah.
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Carissimi,

dopo un periodo di morte telematica, ritorno riemergendo dalle ceneri tipo araba fenice: c'ho avuto casa invasa dagli operai, ergo ero piuttosto presa da attività di riordino e rassetto. Attacchi di isterismo non sono mancati, non tanto per i lavori in corso, quanto per il vicinato che in tutta la sua campagnolità ha teso a farsi una vagonata di affaracci sua [*insert irony here*]. La fenomenologia era quella tipica della pagina facebook "Anziani che commentano i lavori in corso", ma potrei dire che la cosa ha anche trasceso. Oltre ad aver beccato un vicino fare incursioni mattutine portando con sè un amichetto suo al quale manifestava disappunto per come stiamo 'buttando i soldi' ["Anziani viventi in catapecchie conservando miliardi in banca che poi andranno in eredità a figli che, per questo motivo, non vedono l'ora che schiattino"], ho sorpreso pure un paio di visite guidate stile gitadellascuola sempre con anziani che spiegavano agli interlocutori, agitando le braccia qua e là, i vari lavori di ristrutturazione da noi apportati alla casa. L'apice si è comunque raggiunto quando ho sorpreso il dirimpettaio SPIARMI DENTRO CASA CON IL BINOCOLO. CON-IL-BINOCOLO.

Adesso io capisco tutto eh, dalla bellezza del conoscersi tutti al paesotto (...), al fatto che, come da migliore esperimento sociologico, se ti succede qualcosa, c'hai qualcuno che ti viene a soccorrere e non ti cammina sopra come accadrebbe nelle metropoli. PERO' RIGA'.

Per che votate voi, città o paesotto? Personalmente opto per Marte.

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Susan Sontag's quotation

Da "As Consciousness Is Harnessed to Flesh: Journals and Notebooks, 1964-1980"
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Credo che ognuno di noi, in tutta onestà, non possa negare di essersi lasciato andare più e più volte in poco eleganti epiteti quando si trattava di apostrofare lo stato dell'arte del palinsesto delle reti nazionali. Epiteti coloriti che si trasformavano in vere e proprie madonne quando si malediva la volta in cui si era pagato il canone.

L'arrivo del digitale e la conseguente moltiplicazione dei canali rai ha però concesso una diversificazione dell'offerta e, personalmente, una maggiore propensione a pagare quello che è uno dei tributi più odiati dagli italiani. In particolare l'avvento di raicinque, obiettivamente uno dei migliori canali tv, ha consentito una maggiore copertura di una tipologia di programma fino ad allora pressocchè latitante: il documentario di viaggio. L'ora fiorente offerta di questo tipo di intrattenimento, nonchè la possibilità di poterne godere tramite rai.tv a qualsiasi ora risultasse più conveniente, mi ha riportata ad apprezzare lo strumento televisivo, sopprimendo man mano quello che era il desiderio sempre più frequente di dar fuoco a schermi lcd, antenne, tubi catodici, ecc.

Da persona avente studiato turismo e da accompagnatore turistico, la categoria del documentario di viaggio mi è sempre stata gradita per il potenziale che ha di far comprendere all'italiano medio (che
all'estero pretende di avere sopraffino cibo italico o caffè tipo quello che fanno al bar all'angolo del quartiere suo) cosa significa davvero fare del turismo.

Tra i documentari maggiormente apprezzati trovo:

OVERLAND [raiuno]
Probabilmente l'unica produzione italica trasmessa dalle reti rai in questo ambito. La storia dei camion arancioni di Overland è lunga e feconda: guidati dall'istancabile Beppe Tenti (tanta stima), hanno cominciato a solcare asfalti, terre, sabbie, ghiacci e, tanto per non farsi mancare nulla, pure acque, a partire dal 1996 con una rotta che li ha portati da Roma a New York, attraverso la Siberia e lo Stretto di Bering. Da allora hanno collezionato qualcosa come 11 spedizioni, migliaia di chilometri e più di qualche rischione corso. L'Overland World Truck Expedition è attivo anche sul piano benefico , essendo portavoce dell'UNICEF e portando assistenza medica nei paesi che attraversa.
Le puntate di Overland, trasmesse per un discreto periodo di tempo in prima serata con un notevole successo di pubblico, improvvisamente e misteriosamente sono state spostate, in successione, in seconda serata, in terza, per poi cominciare a rimbalzare tra altre fasce orarie improponibili. I misteri della vita.

CON I TUOI OCCHI [raicinque]
Sophie Massieu, non vedente dalla nascita, scortata dal cane guida Pongo, viaggia attraverso luoghi scoprendoli tramite tatto, olfatto, gusto e udito. La sua sfortunata condizione, che le impone di godere delle attrattive in maniera 'alternativa', insegna come in verità anche un 'normodotato' dovrebbe concepire il viaggio: più che vedere luoghi, si tratta di viverli. Profondo.

POSSO VENIRE A DORMIRE DA VOI? [raicinque]
Probabilmente il mio preferito dato che, più che ai luoghi, si accosta all'aspetto etnologico del viaggio, alla conoscenza di popoli locali, usi e costumi.
Antoine de Maximy, armato di zaino e telecamera, si muove per i quattro continenti alla ricerca di storie, persone e tradizioni locali da immortalare. Dimentico di ogni tipo di pudore, approccia i locali e pone la fatidica domanda:"Posso venire a dormire da voi?", ritenendo che solo tramite l'accoglienza nelle altrui case si possa sperare di conoscere aspetti del carattere di una persona o di un popolo. Il documentario di Antoine, tra le altre cose, ci fa capire come la cultura dell'ospitalità sia ormai cosa dei paesi in via di sviluppo o del Terzo Mondo, e come l'Occidente si sia scordato della sacralità dell'atto di accoglienza (buffe le modalità con cui viene scaricato lo scocciatore, dal "no, mia moglie non vuole" al "certo, volentieri, vieni stasera all'indirizzo xy" per poi scoprire che era un recapito falso). Interessante e diverso dal solito.

LE TRE SERIE DI SIMON REEVE [raicinque]
Simon Reeve è un documentarista della BBC che ha ideato le serie, periodicamente replicate da raicinque, Equator, Tropic of Cancer e Tropic of Capricorn, volte a testimoniare l'esplorazione dei paesi attraversati dai tre paralleli.
Adolescente dai risultati scolastici poco esaltanti, è passato a diventare uno stimato autore di bestseller e conduttore tv (oltre che un bel figliolo da guardarsi, mentre i vostri uomini indugeranno su Donna Avventura). Serie da vedere.

Se avete qualche altro documentario di viaggio da consigliare sono tutta orecchie.


the world
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Sarà che sono una figlia dell'inverno, sarà che sono nata in uno dei giorni più freddi dell'anno, sarà che sono una creatura delle nevi nonostante il mio odio per le stesse, sta di fatto che io non posso esistere con questo caldo. Io-non-esisto. Le già naturalmente scarse facoltà fisiche e mentali sono azzerate, sono languente e larveggiante, e non riesco a fare un sonno decente da notti. Basta. Sopprimetemi.

(Un personale minuto di silenzio va comunque agli abitanti di Bolzano. Altro che baite, Heidi, le caprette e scontate battute a sfondo montanaro. Passate una notte d'estate lì e non ne tornerete vivi. Poi ci penserete sù due volte prima di ridere quando il tenente colonnello Guido Guidi vi dirà alla tivvù che Bolzano è la città più calda d'Italia. E' orrendamente vero).
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Avrò ripetuto sino alla nausea della mia predilezione aka ossessione per twitter, in ambito di socialini. Quando sento il bisogno di elargire il Sara-pensiero, tendo a tradurlo automaticamente in cinguettio dato che su zuckerbergiani lidi tendo ancora a trovarmi a disagio, non so bene se per le passate esperienze di 'amicizia' forzata con bimbominkiume, o se per via della natura eccessivamente 'promozionale' e poco tutelatrice della privacy della piattaforma.

Su twitter viene inevitabilmente prediletta la 'parola' e probabilmente rappresenta il social ideale per chi si sente 'uomo di verbo' (?) Personalmente i 140 caratteri non li sento una limitazione, la capacità di sintesi è sempre stata una qualità stilistica da me apprezzata, sta di fatto che v'è un rovescio della medaglia. I caratteri limitati ti portano alla spasmodica e perenne ricerca della battuta ad effetto. Breve ma ficcante. Pungente ed irriverente. Ed inevitabilmente si finisce col fare dell'ironia e sarcasmo su cose che magari meriterebbero una riflessione articolata, e non due righe liquidate accazzo, in quattro e quattr'otto.

Un esempio emblematico è il caso Schwazer consumato in questi giorni di Olimpiadi. Schwazer, portabandiera dell'atletica italiana, trovato positivo all'antidoping. Apriti cielo! Come se non ci fosse un domani, si abbattono in timeline battute di cattivo gusto e sulle presunte proprietà dopanti della merendina cariadenti per pinguini a cui Alex fa da testimonial. Inutile negare che la cazzata l'ha fatta, ma chi, come me, lo 'conosce' e lo segue dall'inizio della sua carriera agonistica, sa che ciò non è altro che l'atto finale di un percorso fatto di malessere (e secondo me depressione) pesante. Di un individuo che da tempo lanciava messaggi di disagio, e che ogni volta lo si sentiva parlare ai microfoni, lo faceva per dire che non aveva le motivazioni per andare avanti, che era stanco, che non ce la faceva più. Il ricorso all'epo è stato l'ultimo folle tentativo di far fronte alle pressioni e alle aspettative altrui, in un atteggiamento figlio di questi tempi in cui se non vinci non sei nessuno. Tutto questo però la gente non lo sa e non lo vuole sapere. L'importante è giudicare sulle basi del niente, fare i burloni, gli spiritosoni nel patetico tentativo di guadagnarsi un ancor più patetico retweet. Non importa a chi si deve passar sopra.

L'ironia, oltre a saperla capire, bisogna saperla usare, comprendere quando è il caso di scherzare e quando no. Sui social è un'arma data in mano a gente senza licenza.

Macchisenefrega, pensano i più, scherziamoci sù. E a questi non posso che augurare ciò:


[ link: https://twitter.com/GiTode/status/233149329165135872 ]

Diamoce tutti 'na calmata, và.

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Scusa se ti disturbo, scusa se non mi sono fatta sentire,
scusa se ti chiamo sul cellulare, scusa se ti chiamo a casa,
scusa per il ritardo
[2 minuti], scusa se sono in anticipo (?),
scusa ma non so che dirti, scusa per l'onestà,
scusa se esisto
(!)

Questi sono solo alcuni dei singolari e mirabolanti numeri di mea culpa nei quali sono consueta esibirmi, e probabilmente rendermi ridicola, dinnanzi alle persone.
Non so da dove derivi questa sindrome britannica del sorry perenne, sta di fatto che, nonostante un grado di orgoglio mediamente alto, non ho difficoltà ad ammettere i miei errori, ma anche a scusarmi per possibili ( e magari immaginari ) disagi che temo di provocare ad altri. Forse perchè vorrei sempre arrangiarmi in qualsiasi cosa. Ma come si guarisce da questo male? Anche perchè temo sia vero che chi chiede troppo scusa è come se non lo chiedesse affatto.
Accettasi suggerimenti.

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Carissimi,

chi mi conosce da un po' o mi folloua su twitter, saprà che in questi giorni sto vivendo in una sorta di trance agonistico- passiva in quanto sono iniziati i giochi olimpici di Londra. Le Olimpiadi sono per la sottoscritta evento sacro nonchè scusante per poter sbraitare in libertà e dare sfogo al latente sentimento nazionalista che noi italiani in genere riscopriamo solo durante gli eventi sportivi. Mi ritengo comunque brava in quanto, al contrario della maggioranza, non mi limito alla Nazionale di Calcio, ma godo anche di fronte ai tornei di freccette e agli avvincenti campionati di bocce su spiaggia.
Scherzi a parte, ho sempre nutrito molto rispetto per gli atleti, per la vita che fanno, e le loro imprese mi hanno sempre conquistata, partecipassero a campionati italiani, europei o mondiali che fossero. Le Olimpiadi però hanno sempre avuto un fascino speciale. Non so bene se per il senso di collettività che mi comunicano, per i principi decuberteniani introdotti con i Giochi moderni, o se per le loro antiche origini. Forse per tutte queste cose insieme. Sta di fatto che quando si parla dei suddetti giochi si fa largo in me, oltre alla giuoia, anche un forte senso della tradizione. I Giochi son i Giochi rigà, e si devon far le cose per bene.

I nostri stimati amici d'oltremanica, oltre ad andare incontro a preventivabili incidenti ed inconvenienti tipo incendi negli stadi e ingorghi in metropolitana, quest'oggi hanno compiuto un'azione sacrilega. Hanno spento il braciere olimpico che, notoriamente, non deve mai cessare di bruciare durante l'intero corso dell'evento. L'elogiatissimo Danny Boyle ha sì dato vita ad una straordinaria cerimonia d'apertura, ma poi se mi si cade su questi 'dettagli' mi si attirano le malvolenze degli dei dell'Olimpo...

http://www.telegraph.co.uk/sport/olympics/news/9437590/London-2012-Olympic-flame-goes-out-as-cauldron-is-moved.html

...e mi si gettano "sul fuoco" le gesta compiute da genti serie che si sono sacrificate con coraggio per portare in quel di Londra il fuoco d'Olimpia sano e salvo...

matttorch
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Concerto dei Kasabian @ Ippodromo del Galoppo, Milano. 19/7/12
[Campanilismi e carampanismi vari]

Con i Kasabian confesso che non è stato amore a primo ascolto. Ai tempi del loro primo album e del lancio della celeberrima LSF (Lost Soul Forever), non mi avevano convinta, nè presa del tutto. E' stato quando ho avuto l'occasione di vedere un loro live che sono stata colta da una sorta di folgorazione, e sono tuttora convinta che il loro forte stia assolutamente nella resa live e nella loro animalanza da palco. Questa cosa credo l'abbia colta alla grande la loro casa discografica che, a giudicare dal numero di date che la band ha alle spalle, ha puntato su questa loro caratteristica.

Proprio l'incredibile numero di date accumulato ci aveva fatto un po' temere per la forma della band e la tenuta vocale di Tom Meighan, che ultimamente aveva delegato il grosso dello smazzo all'amicone Sergio Pizzorno, ma fortunatamente il nostro frontman dall'adipe in bella mostra e la seconda di reggiseno (cit. Frannina), è tornato alla consueta iperattività [citando testuali parole di [livejournal.com profile] isha00 : "Fosse nato in America, sarebbe stato uno di quei bambini che vengono sedati per l' eccessiva 'esuberanza' ". ]

Concerto adrenalinico del quale le uniche cose che non mi hanno convinta sono state l'attacco un po' moscio (si mormora che i volumi fossero smorzati a causa del solito problema dei decibel e del comitato di protesta di San Siro) e la location: l'Ippodromo, oltre ad ospitare una delle colonie di zanzare più popolose d'Italia, debitamente combattute dal volgo con spray come se piovesse, braccialetti alla citronella e l'applicazione dell'iPhone "no zanzara" ( esiste! ), ha delle vie d'entrata e di fuga assolutamente inadatte ad accogliere il grosso pubblico che, oltre a dover defluire in fila indiana a fine serata, ha combattuto temerariamente contro il rischio tetano, dato che ci si è rotolati tutto il pomeriggio nella sabbia sulla quale passeggiano, e probabilmente defecano, le creature equine. Perchè sì, ci han riservato il cancello dal quale subentrano in pista i cavalli:


Concerto dei Kasabian @ Ippodromo del Galoppo, Milano. 19/7/12
[Che io, per carità, c'ho anche il pelo sullo stomaco, ma...]

Osservazione da NAS a parte, Kasabian assolutamente imperdibili live soprattutto se anche voi, come me, siete umorali e fate uso della musica per placare le vostre pare mentali. Talmente tanta carica e adrenalina in corpo, che non ho nemmeno sofferto della consueta depressione post-concerto. (Il fatto che abbia un avambraccio blu per le mazzate prese, non pare importante).
Tantarobba.


[Fotonze qui.]

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