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Concerto dei Kasabian @ Ippodromo del Galoppo, Milano. 19/7/12
[Campanilismi e carampanismi vari]

Con i Kasabian confesso che non è stato amore a primo ascolto. Ai tempi del loro primo album e del lancio della celeberrima LSF (Lost Soul Forever), non mi avevano convinta, nè presa del tutto. E' stato quando ho avuto l'occasione di vedere un loro live che sono stata colta da una sorta di folgorazione, e sono tuttora convinta che il loro forte stia assolutamente nella resa live e nella loro animalanza da palco. Questa cosa credo l'abbia colta alla grande la loro casa discografica che, a giudicare dal numero di date che la band ha alle spalle, ha puntato su questa loro caratteristica.

Proprio l'incredibile numero di date accumulato ci aveva fatto un po' temere per la forma della band e la tenuta vocale di Tom Meighan, che ultimamente aveva delegato il grosso dello smazzo all'amicone Sergio Pizzorno, ma fortunatamente il nostro frontman dall'adipe in bella mostra e la seconda di reggiseno (cit. Frannina), è tornato alla consueta iperattività [citando testuali parole di [livejournal.com profile] isha00 : "Fosse nato in America, sarebbe stato uno di quei bambini che vengono sedati per l' eccessiva 'esuberanza' ". ]

Concerto adrenalinico del quale le uniche cose che non mi hanno convinta sono state l'attacco un po' moscio (si mormora che i volumi fossero smorzati a causa del solito problema dei decibel e del comitato di protesta di San Siro) e la location: l'Ippodromo, oltre ad ospitare una delle colonie di zanzare più popolose d'Italia, debitamente combattute dal volgo con spray come se piovesse, braccialetti alla citronella e l'applicazione dell'iPhone "no zanzara" ( esiste! ), ha delle vie d'entrata e di fuga assolutamente inadatte ad accogliere il grosso pubblico che, oltre a dover defluire in fila indiana a fine serata, ha combattuto temerariamente contro il rischio tetano, dato che ci si è rotolati tutto il pomeriggio nella sabbia sulla quale passeggiano, e probabilmente defecano, le creature equine. Perchè sì, ci han riservato il cancello dal quale subentrano in pista i cavalli:


Concerto dei Kasabian @ Ippodromo del Galoppo, Milano. 19/7/12
[Che io, per carità, c'ho anche il pelo sullo stomaco, ma...]

Osservazione da NAS a parte, Kasabian assolutamente imperdibili live soprattutto se anche voi, come me, siete umorali e fate uso della musica per placare le vostre pare mentali. Talmente tanta carica e adrenalina in corpo, che non ho nemmeno sofferto della consueta depressione post-concerto. (Il fatto che abbia un avambraccio blu per le mazzate prese, non pare importante).
Tantarobba.


[Fotonze qui.]
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  • Non conosco bene i dettagli, ma, di sfuggita, ho appreso che Rossella Urru è libera. Ne sono molto felice.
  • Domani si parte alla volta di Milano per assistere al concerto dei Kasabian. Mi preoccupano:
  1. La location dell'evento che sarà l'Ippodromo del Galoppo in zona San Siro, che, oltre ad ospitare creature trottanti e galoppanti, pare contenga il più grande allevamento d'Italia di zanzare da sterminio di massa;
  2. Una possibile apparizione di J-Ax ad allietare (...) l'evento;
  3. Lo stato di salute vocale di Tom Meighan. Se siete credenti, intercedete presso San Biagio per lui, grazie.         
          Per il resto sono contenta perchè ritrovo dopo tempo la mia sorella karmica nonchè guida spirituale [livejournal.com profile] isha00 con la quale i concerti sono sempre esperienza memorabile, nonchè si avrà un possibile raduno tra logorroiche carampane twittere (<3 )

  •  Sperando nel dio dei mezzi di trasporto su rotaia, gli scioperi e il meteo, venerdì mi avvierò verso l'Alto Adige ZZudtirol per un piacevole finesettimana sempre in compagnia del suddetto guru. Ci recheremo in una località che desideravo vedere da tempo, che, nel mio immaginario, ho sempre considerato magica, e alla quale prossimamente dedicherò qualche riga.

Spero di tornare al più presto con post un po' più pregni, và.
Tschüss.



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Il paesello, già da un paio di anni, mi organizza una Rassegna Musicale denominata "Femminile Singolare" che, come potrete facilmente dedurre, prevede la partecipazione di esponenti del gentil sesso. L'anno scorso, tra le altre, vi è stata ospite tale Patrizia Laquidara che, grazie al suo concept album sulla figura mitologica dell'anguana, ricorrente nelle leggende qui del posto, tra l'altro ha vinto il Premio Tenco.

Questo venerdì l'ospite d'onore è stata Erica Mou, giovane leva dell'ormai celeberrima scuderia Caterina Caselli, che, nonostante ( o forse proprio per quello) diverse comparsate in tv, un secondo posto a Sanremo Giovani e il Premio della Critica Mia Martini, confesso non conoscevo [ = palese ignoranza del panorama musicofilo che trova spazio in tv ].

Erica Mou, live @ La Favorita (Valdagno)

Mi rode un po' utilizzare il termine "genere", ma consentitemelo: sebbene appartenga, appunto, ad un genere che, personalmente, non ascolterei tutti i giorni, confesso che sono stata piacevolmente colpita da questa ragazza pugliese capace, nonostante la giovanissima età, di scrivere dei testi di un notevole spessore e maturità.
Per sua stessa ammissione, ce ne ha presentati alcuni, validissimi, che ha scritto alla veneranda età di sedici anni, facendomi domandare per l'ennesima volta, se solo io, a quel punto della mia vita, non sapessi manco di essere al mondo [probabilmente].
Come altre sue colleghe cantautrici estere, vedi St. Vincent, ha riportato in vita tematiche dal retrogusto femminista (nella connotazione positiva del termine), e sul palco un tipo di presenza fresca, non artificiosa nè artificiale, di carattere e allo stesso tempo aggraziata, che da tempo non trovava spazio nel panorama musicale italiano dei media tradizionali.

Il fatto che venga data un'occasione anche al cantautorato, e non solo ai soliti esecutori vocali da talent show, sui quali case discografiche costruiscono un prodotto massificato destinato alla vendite, lo trovo inoltre incoraggiante.

Piacevole scoperta.

Erica Mou, live @ La Favorita (Valdagno)


Farmi ogni giorno più bella per essere scelta,
ogni giorno più sveglia per farmi notare,
grata e indifesa, grata anche solo per la concessione dell'attesa

come se dovessi per forza collezionare pregi per dormire in questo harem
in questo harem
come se dovessi, come se, per forza collezionare pregi
come se, per dormire in questo harem
in questo harem di sguardi soli. 

(Harem, Erica Mou)


Discografia:

Patrizia Laquidara, Il Canto dell'Anguana, 2011 Slang Music
Erica Mou, E', 2011 Sugar Music
St. Vincent, Strange Mercy, 2011 4AD
Records
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Felice Natale a tutti!
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Già in questo post vi parlai della signora Laquidara e della sua ultima fatica artistica, una sorta di concept album sulla figura mitologica dell'anguana. Oggi mi trovo a riparlarne volentieri per testimoniarvi la resa live di questo disco meravijoso.



Patrizia The Voice Laquidara
, Canto o non Canto dell'Anguana, è una che vale la pena di andare a sentire senza alcuna ombra di dubbio. In tre parole: competente, talentuosa, raffinata. Una di quelle perle rare di talento, tecnica e poesia del panorama musicale italiano, qualsiasi sia il "genere" nel quale decide di muoversi e sperimentare. Con questo lavoro ha scelto di addentrarsi nel nell'ambito del folk veneto, anche se, quando si parla di musica, i confini di genere sono ovviamente sempre poco definiti e definibili.

La parola d'ordine per questo live è stata suggestione. Gli arrangiamenti, la voce sublime e un sapiente uso degli echi hanno reso a pieno il senso del magico e l'impressione di trovarsi in balia dell'incantesimo di una di queste maliarde fate dell'acqua. Atmosfere fatate, incantate e oserei dire quasi ipnotiche, tanto da affascinare il pubblico che si è concesso di applaudire solamente quando assolutamente certo l'ultima nota del brano fosse stata suonata.
Non sono comunque mancati degli ingredienti d'ironia, dai racconti di collaborazioni artistiche nate a seguito di scontri automobilistici, al fatto di averle visto dare vita ad una delle esibizioni live con il maggior numero di attrezzi di carpenteria sfruttati per il loro potenziale sonoro (mai suonato un segaccio con l'archetto?)

Esibizione eccellente e album che, nonostante vada a pescare in ambiti folk e tradizionali, è assolutamente fruibile e moderno anche grazie all'impiego di campionamenti e la presenza di una parte di elettronica.

Che dire, se passa dalle vostre parti, alzate i culi e andatela a sentire.




[Se volete saperne un po' sulla figura dell'Anguana, prestate attenzione all'inizio del video]
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Dopo moti rivoluzionari, cadute di regimi e (presunte) eliminazioni fisiche di temibili terroristi internazionali, l'ennesimo segno dell'arrivo dell'ERA DELL'ACQUARIO, attesa epoca storica che si presume sarà fucina di enormi sconvolgimenti, riscoperta  e rinnovamento di ideali preesistenti e nascita e apertura a bramate idee rivoluzionarie, secondo gli esperti, pare sia stato il SECONDO POSTO DI GUALAZZI ALL'EUROVISION

L'improvviso buongusto del televotante popolo sovrano  ha spiazzato anche gli esperti e tra la plebe c'è già chi inneggia a Gualazzi come al nuova profeta daa mosica.

Seri o faceti, volenti o nolenti, da questo ragazzo sentiremo delle gran cose in futuro. Era o non era dell'Acquario (che poi pare si scriva con solo il q, ma ecco).
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Con i tempi che corrono sembra strano a dirsi, ma ( a volte) può realmente accadere. E sembra ancora più strano se ci si riferisce al panorama della musica “commerciale” italiota. Questo perché sappiamo come le nostre top ten siano in genere territorio di scorrazzo di una certa tipologia di “artisti” che, fossi un dettagliante dea mosica e dovessi esporre le loro “opere” nei miei scaffali, nei cartellini indicanti il genere li categorizzerei come “stracciamarons neo-melodic” o “alternative shit”.

Invece succede che quest’anno SanRemo lo vincono due che delle scalate della top ten non ne fanno la propria ragione di vita: il cantautore Roberto Vecchioni e la nuova rivelazione del jazz Raphael Gualazzi. Ed entrano stabilmente nelle classifiche! Accade altresì che quest’ultimo venga scelto come concorrente dell’Eurosong, il festival della canzone europea, in occasione del ritorno in gara dell’Italia.
Il fatto che Gualazzi a quel festival ci stia come un cavolo a merenda sembra importare poco al team italico che ha deciso inoltre di schierarlo con una versione leggermente rivisitata della sua “Follia d’amore” e più Europe-friendly già dal titolo (“Madness of love”).

Io adesso non so come il Gualazzi abbia preso la notizia della partecipazione ad un festival diciamo ehm non propriamente seguito da fior fior di esperti musicali e tantomeno con contenderti di una certa “levatura”. Non so neanche come si sentirà a doversi esibire su quel palco, circondato da truzzoidi e consapevole di un popolo bue che da casa non lo voterà. So solo che personalmente, oltre ad un senso di forte empatia nei suoi confronti, avrò il privilegio di potermi atteggiare a snob nei confronti del resto del continente e sarò profondamente orgogliona di lui e del fatto che gli altri concorrenti gli possano solo che baciare il cu.. ehm il pianoforte.

Da quando si è saputo della partecipazione all’Eurosong di Gualazzi, le reazioni sono state molteplici e, come si poteva immaginare, ci sono state manifestazioni di ‘gnuranza come anche di apprezzamento.
A seguito la trascrizione letterale di alcuni commenti rinvenuti sul tubo sotto i vari video di “Follia d’amore”/”Madness of love”.

Categoria POPOLO BUE:

  • L’esperto: “Welcome back Italy! I bet they will do well since it’s their comeback but to be honest the song isn’t something special. In fact it’s boring”. –joeygreece-
  • Il nostalgico: “ im blue daba dee daba daii” –TheCfShow- (gente che ancora rimpiange gli Eiffel 65 )
  • Lo spiritosone di turno: “Meno Male Silvio C’e should have been their song :P” –InQuestaNotte-

sottocategoria “amicizia fra popoli”:
  • Il cultore del Belpaese: “the song is not very cool but the language is the most beautiful in the world and italy the best country” –lauritaxful-
  • L’amico degli italiani: “ I hate Italy & Italians.. but this song gets 120pts from finland:)” -keravankauhu-

Categoria ELETTI:

  • Il sincero: “This is above Eurovision. It would be an insult to the music to place it side by side with singing chickens and Frenchmen”. –juniornutschell-
  • Il grande saggio: “ Someone says too simple. Others say it’s a fail. It’s by far the most technically brilliant song to be entered in years. It may not be typical Eurovision., but why should it be? It is the fault of every other country for making the competiotion so generic and cheap sounding. The song has poise, class and sexiness in abundance. It has Italy through its veins – that’s Eurovision!” – GJL2010- (stimaaaa!)

Cosa dire infine?Se ne dica bene o se ne dica male, l’importante è che se ne parli.
Un In Bocca Al Lupo a Gualazzi!



[Diretta sabato 14 maggio ore 21 qui]. 
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In genere quando si parla di fate, gnomi, folletti, ninfe o altre creature dei boschi, si va automaticamente a pensare ai miti della cultura irlandese o nord-europea in generale, e si tralascia o si ignora il fatto che tramandare certe leggende circa l’esistenza di queste creature è cosa anche italica e per la precisione tipica della cultura contadina qui del nord. Che poi queste credenze siano figlie dello stesso ceppo celtico è altamente probabile, dato che i nostri amici celti hanno scorrazzato un po’ per tutta Europa.

Qualche anno fa, durante un soggiorno in Irlanda, rimanevo allibita, stupita, divertita (mi sganasciavo) dinnanzi ai racconti di un tizio distinto che bazzicava il locale nel quale lavoravo , che, in questo tono sicuro e fiero , mi raccontava di frequentarsi abitualmente con un lepreciauno (…) Non avevo pensato che anche i nostri saccenti vecchini veneti raccontavano, convinti, storie sull’esistenza di salbanei (folletti) dispettosi e spaventosissime anguane.

Ci ha pensato Patrizia Laquidara con il suo “Il canto dell’anguana” a ricordarmi di queste leggende.
Patrizia, cantautrice di origine siciliana con alle spalle due album, una partecipazione a SanScemo e (forse) mediaticamente conosciuta per Destinazione Sanremo e la colonna sonora di Manuale d’Amore, ha deciso di rendere omaggio alla terra d’adozione vicentina richiamando nel suo LP questa figura mitologica dell’anguana.

Le anguane erano creature metà donne e metà serpente che stanziavano tipo in branco in grotte nei pressi di corsi d’acqua, dalle quali uscivano di notte con cesta di vimini cariche di panni da lavare, accompagnandosi con canti che risultavano ammaliatori alle orecchie degli “umani”. Proprio per ciò si raccomandava ai maschietti, piccoli o grandi che fossero, di stare alla larga da questi luoghi per non venire soggiogati e rimanere per sempre prigionieri di queste donne all’interno delle buse (le grotte, appunto). Nella pratica una sirena 2.0 o un’ondina della tradizione germanica.
Ovviamente le versioni circa la natura delle anguane si sono moltiplicate nel tempo e in molti casi la loro figura non appariva così maligna o “animalesca”. Molto spesso risultavano essere delle donne piuttosto piacenti, dai lunghi capelli, e che usavano vestire di bianco. In qualche caso si sposavano, rimanendo pur sempre delle creature misteriose, con il segreto inconfessabile circa la loro reale natura da celare anche ai loro mariti. Ed è proprio per potersi mostrare nella loro essenza più autentica che almeno una volta al mese si recavano presso un corso d’acqua, allontanandosi da sguardi indiscreti ed invitando i loro compagni a non pedinarle. L’uomo ovviamente, come nelle più tristi delle storie (e nel più classico dei casi), finiva per rovinare tutto spiando la moglie-anguana lungo il torrente/fiume/ruscello e obbligandola quindi a sparire per sempre (poi sono le donne quelle che non si fanno gli affaracci propri).

Morale della favola: in una coppia meglio non pretendere di conoscere tutto l’uno dell’altro, rispettare gli spazi reciprochi e mantenere sempre un certo “mistero”. Questa è la lezione che Patrizia ha ricavato da questa storia e che ha deciso di cantare ne “L’acqua fioria”, seconda traccia di questo LP.



Album assolutamente da non perdere per gli amanti del folk (Patrizia viene accompagnata dagli Hotel Rif, gruppo folk di tutto rispetto) ed è un’ennesima affermazione di questo rispolvero della musica dialettale e di questo rinnovato bisogno di far conoscere la propria identità locale al di fuori dei confini della propria regione.
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Si sa che il 90% delle volte i cantautori o gli autori di testi hanno lo scazzo a star lì a spiegarti di cosa parla una canzone, o a cercare di dare un senso logico a versi spesso criptici od oscuri. La maggior parte delle volte se la cavano dicendo che, in una canzone, ognuno ci vede quello che vuole. So true.
Sta di fatto che ci sono numerosi testi che trattano di "tematiche universali" o che sono piuttosto chiari, tanto da rendere lo spiegone alquanto facile e addirittura permettere a qualche illuminato prof di lettere delle scuole dell'obbligo di accostare esponenti del cantautorato italico ed esterofilo ai vari Pascoli, Leopardi e Montale di turno [personalmente ringrazio ancora la mia prof di musica delle medie che, invece di sfrangiarci i maroni con i Madrigali di Gesualdo da Venosa, ci faceva suonare e fare l'analisi del testo di pezzi di Gaber, De Andrè, Dylan & Company. Grazie Annalì, questo sì che si chiama inculcare].

L'altro giorno stavo su Falling Down dei Muse e meditavo sulla "tematica" , nella quale, a mio parere, ci si potrebbe rispecchiare circa 3/4 del popolo ggiovane italico. La Teignmouth descritta da Bellamy, quella cittadina sonnolenta del sud-ovest dell'Inghilterra, trovo che non sia altro che lo specchio della provincia italiana. Ossia noiosa, triste, priva di stimoli per i ggiovani (che poi massì, tutto il mondo è paese). Lo stesso Bellamy ha detto in più di un'occasione che, se non fosse stato per la passione per la musica, si sarebbero invischiati in qualche brutto giro.
Come se non bastasse, queste piccole cittadine, oltre ad offrirti zero opportunità, tendono a vedere di mal' occhio attività di svago e aggregazione giovanile perchè oddio mettere sù una sala prove no, poi disturbi il vicinato. Giocare a calcio nel campetto?Dio no, le urla dei ragazzini disturbano. E poi, se finisce il pallone nel terrazzo del vicino? [Che poi me lo ricordo bene anch'io, eh. Quando da infanta venivo presa ad insulti dalla vicina settantenne perchè correvo nel cortile di fronte casa. Il mio calpestio sull'asfalto disturbava il suo riposino pomeridiano]. Che poi è così che funziona la provincia italiota. Tutto dà noia, tutto disturba. Tutto è da vietare. Massì dai, mettiamo sù un bel divieto di corsa nel cortile. Lasciateli fare sti rigazzini, daje! Lasciateli respirare. Se trovano una passione sana, un qualcosa con il quale occupare il proprio tempo libero, lasciateli fare. Anzi incoraggiateli e non segategli le gambe dicendo che sono tutte perdite di tempo. Perchè è così che si comincia a far crescere il futuro adolescente annoiato, il giovane frustrato, il trentenne depresso. 
Fate in modo che un giorno non si ritrovino a dover cantare come i Pink Floyd: "You are young and life is long and there is time to kill today. / And then one day you find ten years have got behind you. / No one told you when to run, you missed the starting gun". Fate che fra dieci anni i vostri figli non si debbano guardare indietro, accorgendosi di aver perso delle occasioni di crescita per strada.



Discografia:

Muse, Falling Down. Dall'album Showbiz del 1999
Pink Floyd, Time. Dall'album The Dark Side of the Moon del 1973
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Finalmente è finita! Con il 6 gennaio si chiude la triade festiva (Natale-Capodanno-Epifania) della morte!

Sì perchè basta bazzicare per forum e social network (escluso feisbuc, regno del popolo dal link puccioso) per rendersi conto di effettivamente quanta gente odii Natale e festività annesse e connesse dal profondo del corazon. Vabbè che l'etere è popolato da geek e nerd che in genere scansano, schifano  o anzi, non usiamo mezzi termini, odiano qualsiasi forma di aggregazione di massa, in ogni caso, nerd o non nerd, è sempre un'estrema gioia leggere questi post e status che sono la massima espressione di ripudio festival-natalizio:



Ragazzi, vi sono vicina! Vi comprendo e credo sia necessario raccogliere sempre più adepti e per fare ciò credo sia necessario buttare giù qualche punto, che elenchi le ragioni che ci, o almeno mi spingono ad essere contro il Natale:

  • IMPROVVISE CRISI MISTICHE. Perchè sarà capitato anche a voi di avere a che fare con gente che vi viene a dire che sì, loro festeggiano il Natale perchè "danno importanza alla festività religiosa"[cit.] (sese). Questa è una cosa che risveglia la bbestia dentro perchè 1) durante l'anno sono tutto fuorchè timorati di DDio, 2) se fossero davvero animati da fervore cristiano darebbero più peso alla celebrazione della Pasqua che a mettere le palle sull'albero di Natale;
  • IL PARENTE-SERPENTE. La questione del parente-serpente è un punto dolente per chiunque abbia almeno un familiare che si comporta di escremento lungo tutto il corso dell'anno e che a Natale ricompare alla sua porta colto da un improvviso sentimento di fratellanza;
  • ATTENTATI ALIMENTAR-MEDIATICI. I tiggì pullulano di rubriche di cucina che in una prima fase ti danno consigli per succulenti cenoni e pranzi di Natale, in una  seconda fase ti spiegano come riutilizzare gli avanzi di arrosto-pandoro-panettone e in una terza fase ti segano le gambe con servizi sulle diete fai da te mirate a farti riconquistare la linea perduta (crediamoci). Complimenti per la coerenza, ma soprattutto per la correttezza del messaggio;
  • ATTENTATI MUSICAL-MEDIATICI. La qualità della musica diffusa dai media, già di per sè monnezza durante tutto il corso dell'anno, subisce uno spaventoso crollo durante questo periodo. Il Natale dovrebbe essere un momento di espressione di gioia; le canzoni natalizie, al contrario, sono di una tristezza e malinconia a dir poco allucinante. Non parliamo poi di questa moda dei singoli natalizi (per dire, il singolo dei Coldplay non ce l'ho fatta proprio ad ascoltarlo, no) e dei cori delle voci bianche che il più delle volte sembrano un'agonia infantile di massa. (N.B. L'unico avvenimento musical-natalizio di connotazione positiva è il Christmas gift dei Muse, sappiatelo).
Potrei andare avanti ancora per molto, ma direi che ve lo risparmio.
Concluderei dicendo che non ho nulla, anzi, contro la festività religiosa in sè (ognuno è libero di poter credere in ciò che vuole), come al solito è ovviamente l'uso che si fa del Natale che rende il tutto assai indigesto (non solo pandori e panettoni di turno).
E poi, diciamocelo, la mia bastiancontrarietà mi porta ad essere contro una festività mainstream a priori (non parlatemi di San Valentini, Feste delle Donne e Halloween).

Quindi, altro che rogo della Befana, perchè "tutte le feste ci porta via". Rivalutiamo questa vecchia che ci salva ogni anno, per carità. Befana 4 President.
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A fatica ricomincio a postare in questo blog cogliendo l'occasione per parlare di un evento datato, un concerto al quale ho assistito nel lontano settembre, ma del quale voglio accennare almeno qualcosa in quanto mi consente di disquisire del rapporto Trentino/Musica.

Premetto che ho cominciato a venire a contatto con la realtà tridentina nel 2005, quando mi ci sono stabilita per motivi di studio. Le prime scoperte (dell'acqua calda) fatte sul campo in materia trentina, sono state le seguenti:
  1. no, storicamente non ci hanno fatto solo il Concilio di Trento;
  2. no, non fa poi tanto freddo. Anzi d'estate c'è un caldo africano;
  3. la popolazione ggiovane è super-rock ("perchè qui si cresce a pane ed AC/DC" [cit.])
Quest'ultima rivelazione mi ha resa una giovine donna felice dato che la sottoscritta, per sciagura, proviene dalla boriosa zona industriale veneta dove la ggente ascolta musica commerciale "perchè si può ballare in ddiscoteca".
E' per questo che sono stata alquanto contenta quando ho saputo che un'orda di trentini avrebbe trotterellato al di qua del confine austro-ungarico a creare un po' di scompiglio. I trentinacci in questione erano i The Bastard Sons of Dioniso (aka Michele, Federico, Jacopo), il trio portato alla ribalta dalla Mara Maionchi nella seconda edizione di ics factor. Non vedevo i tre live dall'aprile del 2009 quando, in una Trento sconvolta dal diluvio universale, si esibirono con due canzoni messe in croce durante il concerto di ics factor a favore dei terremotati dell'Abruzzo. Ciò che mi è parso chiaro è quanto oggi si vogliano distaccare dall'immagine televisiva: nessuna gigioneria (cit.) icsfactoriana in setlist, ma canzoni interamente made in Dionisioland, quasi totalmente estratte da "In Stasi Perpetua" (ultima fatica discografica del trio), intervallate da cover acustiche di Crosby Still Nash e Young ("Suite Judy Blue Eyes"), Beatles ("Here comes the Sun") e Tenacious D ("History", "Jesus Ranch") piazzate lì in modo da far riposare il timpano provato dal fracasso dionisiaco dell'ascoltatore veneto.




Sebbene questo filone dell'hard rock (?) non sia esattamente il mio pane quotidiano, devo dire di aver apprezzato, perchè ci troviamo senz'altro davanti a dei validi musicisti, Federico e Michele sono due voci interessanti e riconoscibili e i tre insieme trasmettono quell'idea di cojonaggine e "ruralità" che in una band non guasta mai.

A questo punto, ci tengo ad aggiungere qualcosa sui Vetrozero, band d'apertura (anch'essa trentina), che fa un "genere" diciamo più vicino a quello che mi aggrada. I Vetrozero sono una band esordiente (il loro primo album credo sia uscito a novembre) che si è fatta conoscere quest'anno in quel del Parco S.Giuliano, partecipando al contest dell'Heineken Jammin Festival. La band ci ha intrattenuto per circa mezz'ora ed ha creato un bel coinvolgimento considerando che alla fine della performance ci siamo ritrovati a sguaiare pezzi di canzoni a random.
Degni d'attenzione comunque trovo siano i testi . Qui includo un live della canzone che ho preferito, "Grisou".



...Belli nascevano
  belli morivano
  siamo noi le perdite, le perdite, le perdite...

...Taglio i ponti con chi non mi valorizza più
   Taglio i ponti con chi non mi porta i fiori
   con chi vive per il mondo fuori...


Ascoltiamoli sti Vetrozero, lasciamo per strada  rapporti "dannosi" ai quali ci attacchiamo non si sa per quale motivo, via-via-via ai calpestatori di dignità umana altrui, agli amici, amanti, compagni, accompagnatori et simili a cui non frega una cippalippa di noi, ma che vivono "per il mondo fuori" (ogni riferimento a fatti a me concernenti è puramente casuale).
Un grazie per l'occasione di riflessione Vetrozero.
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Ehm lo so, sono stata un po' assente, ma impegni universitari e rotture di balle varie hanno impedito lo svolgimento di attività catalogabili come "accessorie".
Una cosa che comunque devo assolutamente fare, nonostante l'evento in questione sia datato 4 dicembre 2009, è parlare di quella fantastica esperienza, condivisa con altre due amiche vittime del mio delirio, che è stata il concerto dei Muse a Torino.
Giusto per mettere le cose in chiaro fin da subito, sono una di quelle che in inglese vengono definite "hardcore fans" e quindi di sovente capiterà di nominare il terzetto britannico da queste parti.

La trasferta torinese è iniziata all'alba e, buona pace di Trenitalia, siamo riuscite ad arrivare sane, salve e in orario. Rifocillamenti del caso e, con ben tre ore e mezza di anticipo sull'apertura dei cancelli, ho trascinato le altre due malcapitate in fila. La sottoscritta infatti, oltre che ad essere una pazza furiosa, non vedeva l'ora di andar fuori dai cancelli per far casino e desiderava accaparrarsi dei posti un minimo decenti visto che era già conscia del fatto che la tribuna sud non le avrebbe di certo permesso di avere una visuale ad hoc. Eh già, tribuna sud. Questo perchè il terzetto britannico, dopo aver fatto da gruppo spalla agli U2 in alcune loro date americane, è stato "ispirato" dal loro palco a 360° e ha deciso di adottarne uno di vagamente simile per il loro personale tour, in modo da sfruttare l'intera capienza dei palazzetti. Di per sè è anche una bella idea, ma insomma, qualche disagino lo comporta. Vedesi predominanza della visuale di lati B, la non totale visibilità dei cosiddetti "effetti scenici" (che comunque in genere neanche quelli del parterre si possono godere a pieno) e l'invisibilità della band spalla (Biffy Clyro). Questo perchè la scenografia, già predisposta per l'inizio dello show dei Muse, ci ha oscurato totalmente la loro esibizione. Peccato perchè, a quanto pare, ci siamo pers-e una performance con i fiocchi del Simon Neil scamiciato. Considerazioni ormonose a parte, abbiamo comunque avuto avuto modo di sentire, e devo dire che live sti Biffy Clyro se la cavano gran bene.
Per quanto riguarda i disagi appena elencati, devo dire che si sarebbero potuti benissimo soprassedere in cambio di un modestissimo sconto sul biglietto limortaccivostra. Ma vabbè, questa è la dura legge del magna-magna!
Lungi da me comunque fare del vittimismo. Nonostante la posizione sfavorevole, abbiamo infatti potuto godere di un ottimo audio, al contrario di altre persone che stavano davanti e si erano lamentate. Non so loro, ma io, davvero, un suono così limpido in giro per palazzetti credo di non averlo mai sentito (mio particolare plauso all'architetto Isozaki).

Considerazioni di parte a parte (eh sì, i giochi di parole sono il mio forte) vale la pena parlare di quella che era l'attrazione principale della serata. Ragazzi, i Muse sono una garanzia sempre e comunque. Non per nulla stiamo parlando della migliore band live del momento. Oltre all'indiscussa competenza tecnica, i tre ragazzotti devoniani hanno la capacità di andare a toccare quelle corde emotive più profonde e scatenare emozioni diametralmente opposte nel giro di pochi minuti. Per dire, passare dalla Exogenesis a Stockholm Syndrome è psicologicamente devastante! Si va dalla voglia di piangere a quella di fare pogo selvaggio sulle tribune (bambini non fatelo, è pericoloso). Se poi ci si lascia rapire da quel chilling falsetto e si associano le canzoni a momenti particolari della propria vita, è finita. Knock down.
C'è comunque da dire che ha fatto piacere ritrovare i tre ragazzi scanzonati degli inizi che, nonostante la popolarità crescente, hanno ancora voglia di divertirsi e divertire.

Mò beccateve la scaletta:

Uprising
Resistance
New Born
Map of the Problematique
Supermassive Black Hole
Mk Ultra
Hysteria
Butterflies & Hurricanes
Nishe
United States of Eurasia
Sunburn
Guiding Light
Drums & Bass Jam (volgarmente detto Helsinki Jam)
Undisclosed Desires
Starlight
Plug in Baby
Time is running out
Unnatural Selection
Exogenesis part I
Stockholm Syndrome
Knights of Cydonia (preceduta da Man with a Harmonica di Morricone)


La preferita della serata comunque è United States of Eurasia che live è proprio da goosebumps per dirla alla britannica. Piano e voce di Bellamy la fanno da padrona.

p.s. si ringraziano i tre per aver scelto come christmas gift 2009 Mk Ultra live in Turin. Grazie rigà, davvero.


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Dopo aver passato la giornata a smadonnare e a meditare sull'inutilità della mia persona e della mia vita, direi che è il momento di passare ad altro e magari iniziare a scrivere qualcosa da queste parti, come mi ero d'altronde ripromessa!
Come si evincerà dai miei scritti (...) una delle poche cose che riesce a distogliermi dai miei trip mentali è l'ascolto di musica (trattasi di musica detta "di un certo livello", quindi NO a tormentoni popparoli alla caxxo e tunz-tunzamenti vari). Sottolineo il fatto che è superata da anni la fase "ascolto musica tanto per": sono una di quelle che va ad analizzarsi i testi, cercando di scovare chissà quale significato nascosto  e che si trastulla tra riffoni, bluesate e schitarramenti vari. Ho una naturale propensione per brani inquieti e inquietanti, incaxxati e urlati, malinconici e sofferenti, ribelli e grintosi e provo odio profondo per la banalità imperante delle classiche canzoni d'aMMore. Tumilasci-iostomale-matiamotantolostesso. Ovviamente questa è la categoria leader in Italia. Canzoni dove c'è una banalizzazione del sentimento e una percentuale di "smelenseria" da far venire il diabete al primo ascolto. Preciso che in generale non sono una superfan delle love songs, ma, in ogni caso, sono queste svenevolerie made in Italy che me le hanno fatte scadere definitivamente. Più che altro perchè sembra che in questa terra non vi siano altri sentimenti degni di essere decantati.
Beh diciamocelo, io son sempre stata un po' più avanti. In seconda media la prof di musica ci chiese di scegliere un brano italiano il cui testo avesse un certo "spessore", portarlo in classe e farlo ascoltare ai compagni. Risultato? Il 90% delle persone portò canzoni d'amore. 883 e Marco Masini in testa a tutti. Testi da tagliarsi le vene. Io ovviamente, da dodicenne avanti quale ero, cosa ti vado a scegliere? Bambini di Paola Turci. "Bambino armato e disarmato in una foto senza felicità...sanno tutto dell'amore che si prende e non si dà...vendono polvere bianca ai nostri anni e alla pietà". Mica caxxi. Ovviamenti i simpatici compagnetti di scuola se la risero di gusto e sbeffeggiarono la canzone atteggiandosi a rocker, mimando un improbabile assolo di chitarra. Eh certo. Marco Masini era taaanto meglio. Ironia della sorte è che ora è quella gente tanto spiritosa che sta per strada a consumare polvere bianca. Vedi che strani scherzi ci fa la vita. Ma vabbè, questo è un altro discorso, magari ne riparlerò più avanti.
Sta di fatto che è l'aMMore il tema centrale della canzone(tta) italiana. Nulla contro il nobile sentimento, ma è il modo in cui lo si racconta che mi sta alquanto sulle balle. Da certi testi non traspare assolutamente nulla di nobile: banalità, superficialità e qualunquismo imperversano. Quantoseibella seitroppobella teamodamorì. Olè. Alla faccia del "guardare dentro" una persona e della "bellezza interiore". Poveri illusi che non siamo altro. Ma poi è solo l'amore per uomo/donna checchessia ad aver importanza? Ci sono tante di quelle forme d'amore a questo mondo...per i figli, i genitori, gli amici, la musica, la natura, Dio...
Non ci resta che stare qui seduti in attesa che i nostri valentini si accorgano che attorno a loro (e ai rispettivi amati) ruota un mondo e che gli autori di canzoni  (ogni riferimento italiano è puramente casuale) vengano finalmente illuminati. Attendiamo con fiducia.
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